Il diario di viaggio di Sara, una ragazza partita in India come volontaria di Namaste Onore a te, l’Associazione con cui realizziamo in partnership i progetti in India. Un modo per condividere l’emozione e la gioia profonda, unite a disorientamento quando si sceglie di fare una esperienza così forte.
Un viaggio in cui è andata a toccare con mano quello che insieme a Namaste realizziamo in queste zone sperdute e poverissime dell’India.
“Ho fatto un viaggio e questo viaggio mi ha fatto bene. Un’esperienza che sognavo da tempo per mettere alla prova le mie capacità e il mio egoistico bisogno di essere utile agli altri. Così sono partita per l’India da sola, e come tutte le decisioni importanti che ho preso nella mia vita l’ho fatto in modo un po’ incosciente.
Nella fase di scalo a Dubai avrei dovuto incontrare Daniela, una signora mai vista che indossava una sciarpa colorata come segno di riconoscimento. Questo era il mio unico riferimento effettivo con l’associazione che mi avrebbe ospitato un mese a 7000 km da casa; non potevo sapere che questo senso di fiducia un po’ folle sarebbe stata una delle sensazioni ricorrenti di questa esperienza. Ho scelto l’India travolta dall’entusiasmo dei racconti del mio babbo, che alla mia età aveva visitato gli stessi posti e scattato tante foto che trovavo scolorite in giro per casa e mi facevano sognare posti lontani, una cultura complessa e tanto diversa dalla nostra che morivo dalla voglia di scoprire.
Il rapporto di pancia con l’India
L’India mi ha riempito il cuore di amore e fiducia. Mi ha insegnato a sperare e ad avere fede nelle esperienze che la vita ti obbliga ad affrontare; a farlo con devozione, che in termini del tutto laici si traduce con passione e dedizione per ogni piccolo gesto quotidiano. E’ così che un chai bevuto in una casa dalle mura impastate di sterco si trasforma in un banchetto regale, un pranzo frugale a base di riso in una grande festa.
Non c’è stato un minuto in cui io non mi sia sentita a casa, che per le strade polverose e piene di immondizie non avessi fiducia. Ho preso treni senza capire bene dove andassi, ho accettato il rischio di non arrivare alla destinazione scelta in partenza, scoprendo che viaggiando in questo modo non ci si sente mai persi”.