L’olio di pesce è diventato famoso da quando è stato lanciato l’allarme colesterolo e la necessità di prevenire le malattie cardiovascolari, l’infiammazione generalizzata e lo stress ossidativo, tutti fattori che possono incidere di molto sulla salute, la longevità e la qualità della vita. Un’alternativa all’olio di pesce pare si possa trovare nell’olio di krill, estratto da un piccolo crostaceo che vive nelle acque fredde dell’Antartico e che può fornire una buona dose di acidi grassi OMEGA 3 (EPA-DHA) in forma di fosfolipidi al contrario dell’olio di pesce che li fornisce in forma di trigliceridi. Questo apporto di fosfolipidi integrati agli acidi grassi omega 3 lo rende del tutto originale considerando che i costituenti di base sono presenti nella stessa proporzione e con la stessa struttura di quella dell’organismo umano e sono quindi più disponibili dei soli fosfolipidi o degli acidi grassi omega 3 presenti nell’olio di pesce di circa 47 volte. Così come descritto da uno studio di ricercatori dell’università di Oslo sulla rivista Lipids, l’olio di krill garantisce anche notevoli quantità di antiossidanti il cui potere è di gran lunga maggiore a quello ottenuto dagli oli vegetali ed anche da quelli estratti dal pesce (fegato di merluzzo e salmone). Nell’olio di krill è possibile distinguere buone quantità di retinolo (vitamina A), tocoferoli (vitamina E) ed anche astaxantina, un particolare carotenoide precursore della vitamina A. L’olio di krill contiene anche fosfatidilcolina, un fosfolipide legato alla colina e fortemente presente sulla superficie delle membrane cellulari e costituente principale della lecitina, una molecola ad azione ipocolesterolemizzante. L’utilizzo terapeutico dell’olio di krill è riferito soprattutto alle proprietà benefiche degli acidi grassi essenziali omega 3 ed al potenziale delle vitamine in esso contenuto per cui può essere raccomandato ai soggetti affetti da dislipidemie del colesterolo (colesterolo ematico maggiore di 200 mg/dl) o dei trigliceridi (trigliceridi ematici maggiori di 200 mg/dl) e di conseguenza ai soggetti ipertesi o a rischio di ipertensione arteriosa, a diabetici e a iperglicemici.